di Vincenzo Salemme
Chi c’è stasera al Diana? Quando inizia la stagione del Diana? Com’è andata al Diana? Gli abbonati del Diana? Il palcoscenico del Diana? Il pubblico del Diana? Sapete dov’è il Vomero? Dove sta il Diana!
Entrai per la prima volta al Diana agli inizi degli anni ‘80, come attore della compagnia di Luca de Filippo e già allora non c’era bisogno di anteporre al nome la parola teatro per spiegare cosa fosse il Diana. Già allora sentivo le frasi che ho citato all’inizio di questa mia lettera di buon compleanno al teatro privato più rappresentativo e frequentato d’Italia.
Persino quando si progettano le scenografie di uno spettacolo l’ideatore o l’ideatrice del disegno tecnico devono immaginarle e studiarle perché siano poi realizzate in due versioni: “quella normale”, adatta tecnicamente più o meno a tutti i palcoscenici italiani e “quella per il Diana”, perché il palcoscenico di questo teatro calpestato da una infinita e gloriosa schiera di interpreti, caratteristi, cantanti, ballerine e ballerini, soubrette, musicisti nei suoi nove decenni di vita di applausi risate lacrime e passione, ha delle caratteristiche che sembrano sempre proibitive per le compagnie che devono rappresentarsi e invece poi, con un po’ di attenzione da parte della squadra tecnica, riesce ad accogliere anche le scenografie più ingombranti e maestose. Sì perché il Diana ha qualcosa di magico, come se fosse stato “toccato” da una divinità dello spettacolo. È uno di quei luoghi dove la strada per arrivare al successo sembra sempre più impervia e insidiosa ma quando finalmente il successo arriva è straripante. Io lo so perché l’ho provato come attore quando con Luca de Filippo portammo in scena una commedia del padre, “Chi è cchiù felice ‘e me”. Ricordo pure che erano i giorni in cui ci lasciò Eduardo e il presidente della repubblica Francesco Cossiga venne appunto al Diana, dove eravamo in scena con Luca, per omaggiare il grande drammaturgo attraverso le addolorate condoglianze al figlio che stava spiccando il volo verso il successo. Era il 1984 e il Diana sembrava il trampolino più adatto per lanciare quel ragazzo gentile, alto e dinoccolato, pieno di spiritoso talento, che aveva saputo trovare la forza di battere le ali nonostante il peso massiccio di un gigante come Eduardo.
Nel 1990 ho cominciato a fare teatro per conto mio, con una mia compagnia. Ho avuto la fortuna di frequentare il piccolo Eliseo di Roma e il San Babila di Milano, sono passato dal teatrino off dell’orologio a Roma al Duse del grande Ivo Chiesa a Genova. Eppure, fino a quando non mi hanno chiamato i Mirra, nel 1996, non mi sono mai sentito davvero realizzato come capocomico. I Mirra, un cognome che, come per il teatro che hanno ereditato dal fondatore Giovanni De Gaudio, non ha bisogno di ulteriori spiegazioni per sapere che si parlava di Mariolina e Lucio Mirra. La coppia di impresari/produttori/direttori artistici più famosi e apprezzati degli ultimi 50 anni. E poi, da un quarto di secolo, i Mirra non solo coppia ma famiglia. La famiglia bionda che sembrava uscita dalle cronache british della corte d’Inghilterra! Discreti, severi, apparentemente distaccati. Poi li ho conosciuti più direttamente. Da protagonista di una fantastica carrellata di successi e ho scoperto la loro passione aristocratica e operaia allo stesso tempo. Affiatati e geniali. Capaci di fare del proprio teatro una casa, per artisti e dipendenti. Curiosi e capaci di cogliere il talento come mi è capitato di vedere raramente nei miei quasi cinquant’anni di carriera. Siamo diventati anche soci nella produzione dei mei spettacoli che da ormai più di vent’anni portano l’egida della Diana O.R.I.S produzioni.
Mariolina non c’è più, ero molto affezionato a lei. Sentivo che facevamo parte della stessa materia invisibile come se fossimo uniti da una serie infinita di fili che, come nella realtà quantistica, vibrando creano i colori e le luci, la materia del corpo e quella dell’anima. E oggi, quando vedo Lucio sento immediatamente il suono del successo, l’allegria delle cene dopo la “prima” per tutta la compagnia debuttante, nell’attico di via scarlatti pieno di splendidi quadri perché il Diana è anche questo: cultura. È napoli profonda, è armonia tra arte e commercio, è contrasto tra élite e pubblico. Tutto questo e tanto altro che io non so e non posso sapere. Perché c’è qualcosa di più di un compleanno in questi primi 90 anni della storia del Diana. C’è qualcosa di magico che ha che fare con la tombola della vita, pronta a sfilare dal cestello di vimini il numero che non ti aspetti. C’è qualcosa di più dei volti e delle smorfie, dei ruoli e delle maschere, dei camerini e delle repliche in questo 90enne ancora in piena forma. C’è quel qualcosa in più che ti fa tornare la voglia di uscire di casa, cercare un parcheggio, comprare un biglietto. Cos’è quel qualcosa? Ma come!? Non lo avete ancora capito? È il DIANA! Tanti auguri a Guglielmo, Claudia e Gianpiero. E a Lucio, forever!
Vincenzo Salemme